sabato 30 luglio 2016

Mind games

Quando ero piccolo, credevo (e non penso di essere stato il solo) che tutti i miei giocattoli, quando io non li vedevo - di notte, o quando andavo in vacanza - si animassero e giocassero per conto loro.
Non so se era volontà di potenza, razionalizzazione spinta o cos'altro; ma ricordo di aver cominciato presto a farli interagire anche in mia presenza. Spesso al pomeriggio rovesciavo sul pavimento tutte le scatole che li contenevano e piazzavo, ad esempio, un playmobil all'interno di un camion lego, lo facevo fermare a una pompa di benzina di una pista e magari gli facevo fare il giro del monopoli, fermandomi in ogni casella a commentarne il nome e l'aspetto.
Molti di quei giochi ritengo siano stati buttati, altri so per certo che si trovano ancora nella casa in cui non vivo più da tempo. 
Non saprei dire se, nel buio della camera che ormai è disabitata quasi da più tempo di quanto non sia stata occupata, i pochi superstiti escono ancora dagli armadi, si guardano, si cercano; o se siano stati in grado, nel corso degli anni, di stabilire delle connessioni molto più forti di quelle che potevano creare la mia testolina e le mie piccole mani di bimbo.
A volte mi piacerebbe sapere, se le cose hanno ancora bisogno di me oppure no.