martedì 25 ottobre 2016

Sogni (a P.P.)

Ti ricordi? Certo che te lo ricordi, come potresti dimenticartelo?
Ti ricordi di com'era qui? L'equivalente di migliaia di campi da calcio.
Campo da calcio, sì, C-A-M-P-O, ha la stessa radice di campagna. E qui non c'era neanche bisogno di dire che una volta era tutta campagna, semplicemente perché la città non c'era. E se c'era, era come un altra nazione, anzi: era come volare dalla Terra su Marte. Cosa puoi pensare di trovare su Marte? Non lo sai, non ne hai idea finché non ci arrivi davvero.
E ti ricordi anche del sogno, non puoi dimenticarti neanche di quello. Che tu per mesi hai sostenuto che era impossibile; ma non perché pensavi che lo fosse davvero, solo perché non volevi darmi ragione.
E adesso lo pensi ancora, che sia impossibile sognare il futuro invece che il passato? Adesso che per entrare nei campi da calcio devi avere il tesserino, o devi chiedere il permesso al prete, al dirigente, al custode?
Pensi ancora che sia impossibile visionare mostri di cemento armato dove ci sono colza e girasoli? O credi che si possano solo anelare le rive del fiume da dove tuffarsi, lì dove ora ci sono i circoli dei canottieri e dei tennisti e dei palazzinari?
Pensi ancora che i sogni semplici, quelli fatti di rimpianti e di consigli della mamma, fossero comunque migliori?
Che vivessimo in una sorta di età dell'oro, dove il pallone rotolava fra le gambe e non fra le intersezioni delle zone della mia o della tua competenza, dove in spiaggia si andava per fare il bagno e per mostrarsi, non per morirci come se dovessi cadere da una scogliera?

Pensi ancora che si possa pensare solamente all'incontrario?  

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