martedì 23 febbraio 2016

La morte della sinestesia

Il ragazzo si avvicinò alla ragazza e toccò la benda. Era una semplice fascia nera, non troppo stretta nè troppo larga. Il ragazzo guardò negli occhi la ragazza; e quegli stessi occhi che lei aveva celato sotto quella striscia, adesso sostennero tranquillamente lo sguardo di lui. 
La musica si era ridotta a un semplice pulsare, come se venisse da un pianeta lontano e non più da pochi metri di distanza. 
Il ragazzo fece il gesto di legarsi la benda poco sotto l'attaccatura dei capelli, ma poi la tolse e la ridiede alla ragazza, come un bambino che non vuol chiedere aiuto alla madre. 
- Lo faccio spesso, comunque - disse lei.
- Cosa?
- Mettermi la benda. Quando sento una musica a cui posso completamente abbandonarmi, cerco di percepire solo quella. 
- Non puoi semplicemente tenere gli occhi chiusi?
- No. Le luci mi danno fastidio. Le luci non c'entrano niente con la musica...sarebbe meglio il buio totale, non credi?
- Be', ma tanto tu non te ne accorgeresti...
- Lo sentirei.
- Sentire non è la parola giusta forse.
- Lo sentirei dentro. Qui non è "sentire" nel senso di ascoltare... - lei accennò un sorriso - cavolo, non è colpa mia se in italiano si dice allo stesso modo.
- Io invece non potrei mai "sentire" questa musica senza vederla - esclamò secco lui.
- Ma come fai a vedere la musica?  
Il ragazzo fece una pausa studiata.
- E' l'unico modo che ho di sentirla - rispose, dopo essersi tolto i tappi dalle orecchie.

2 commenti:

  1. I suoni sono colori che il buio di una "sola" persona può trasformare in mille profumi per parlarne a tutti . È un soliloquio il (tuo?) lavoro
    Bello

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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