venerdì 20 febbraio 2015

due (o più) città in una

Ho sempre avuto un'ottima memoria. Ma se a distanza di quasi 30 anni mi ricordo ancora di questo numero - 91.032 - la memoria forse c'entra fino a un certo punto.
E' comunque una memoria ben strana, quella che abbina un'informazione totalmente inutile (come tutti i dati numerici che si imparano, o si imparavano a scuola) ad una realtà che, invece, mi tocca molto da vicino.
Novantunmilatrentadue, che suona anche più solenne, erano gli abitanti della mia città quando ero in prima media: la prima volta in cui la scuola ci ha fatto prendere consapevolezza di persone e territori che conoscevamo direttamente e non di popoli antichi e lande lontanissime (ai tempi anche la stessa Roma era poco meno che New York ai nostri occhi).
La città allora appariva grandissima: il nostro quartiere, per quanto non fosse più lontano degli altri dalla Piazza (non c'era bisogno di specificarne il nome), sembrava non ritenersi degno di farne parte. Prendere un autobus per andare in Piazza equivaleva a trovarsi in mano un biglietto per Marte, senza sapere se nel biglietto fosse compreso anche il ritorno.
Ora, in qualsiasi momento posso consultare rapidamente Internet per verificare (in tempo reale, quasi) di quanto, esattamente, sia sceso quel numero. Già, perché è risaputo che nelle città di provincia funziona così: sono la decentralizzazione dei servizi e le politiche edilizie dei piccoli comuni limitrofi ad attirare verso questi ultimi chi prima viveva nel territorio della città. Territorio che, ovviamente, è sempre lo stesso, anche se ora per lo stesso risultato che ottenevo con un pericoloso viaggio coi mezzi pubblici mi sembrano sufficienti pochi passi. La città precedente incuteva, se non paura, quantomeno un po' di soggezione. Quella attuale mi sembra invece prevedibile e - banalmente, lo so - aggiungo che mi va stretta, il ché giustificherebbe pienamente il sensibile calo della sua popolazione.
Posso immaginare che tutte queste persone che sono andate via abbiano seguito la sorte del mio amico di infanzia Tommaso, che si è sposato, ha avuto dei bimbi e si è trasferito in un appartamento più grande che la città non gli poteva (più) garantire. Ma non farò un ragionamento così semplicistico: dopo la terza media, ci hanno pensato professori assai più preparati a farmi capire che non è mai opportuno traslare la propria esperienza spicciola su un piano universale.
Ecco, però a me ogni tanto piacerebbe sapere che fine hanno fatto quelle persone che mancano all'appello; e se per loro, come per me, esiste solo una città o ne esistono due, o centomila. O nessuna.      

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